di Sara Jacobsen
“Adelchi andrà fra due o tre giorni all’ultima copia, quindi alla censura, quindi alla stampa, quindi alla berlina, quindi all’obblio”.
Così scrive Manzoni all’amico Gaetano Cattaneo nel marzo 1822 (lettera conservata a Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.XXXII.31/1, cc. 2rv).
Composta tra l’ottobre del 1820 e il marzo del 1822 (tra queste date si colloca anche la composizione delle liriche Marzo 1821 e 5 maggio e l’inizio della stesura del Fermo e Lucia), la tragedia sarà pubblicata nel novembre 1822 (Adelchi, tragedia di Alessandro Manzoni con un discorso sur alcuni punti della storia longobardica in Italia, Milano, per Vincenzo Ferrario, 1822, BMF, 7.N.IV.1, figura 2).
Seguirà una seconda edizione, parzialmente rielaborata, nel 1845 (all’interno del volume Opere varie, Milano, Giuseppe Redaelli, 1845, BMF, 9.R.I.6, figura 3). Entrambe le edizioni contengono anche un’approfondita dissertazione storica, il Discorso sur alcuni punti della storia longobardica in Italia.
Difficile dire se in questi ultimi duecento anni la previsione, certamente ironica, che l’autore presentava all’amico Cattaneo si sia realizzata o meno. Di certo inizialmente la tragedia, rappresentata per la prima volta nel 1843 a 21 anni dalla pubblicazione, non ebbe un grande successo di pubblico. Nel corso del tempo però, più volte l’accorato e suggestivo dramma medievale del principe longobardo Adelchi ha esercitato il suo fascino in teatro, vedendo nel secolo scorso un certo numero di messe in scena.
Si veda ad esempio la versione diretta e interpretata da Vittorio Gassman (figura 4) nel 1960 per la Compagnia del Teatro Popolare Italiano, già Teatro Circo, e poi trasmessa dalla RAI nel 1961. L’allestimento spettacolare (sul palco vennero impiegati anche cavalli veri) ebbe un grande successo di pubblico e di critica, riuscendo nella scommessa di trasformare la difficile e solenne tragedia manzoniana in uno spettacolo sfaccettato e moderno, che pone in risalto il dialogo anche contraddittorio tra verità storica e vicenda intima del personaggio, dialogo già caro a Manzoni stesso.
Da citare anche l’Adelchi di Alessandro Manzoni (in forma di concerto) messo in scena nel 1984 e nel 1997 da Carmelo Bene che, manovrando e ricostruendo il testo originale col consueto stile eclettico e sperimentale, piega la musicalità dei versi e la passionalità dei contenuti manzoniani fino agli esiti più estremi ed espressivi.
Anche più di recente, nel 2015, si sono visti allestimenti dell’Adelchi, a Milano (Teatro Sala Fontana, regia di Roberto Trifirò) e a Parma (Lenz Teatro, regia di Maria Federica Maestri).
Ambientata nell’Italia longobarda dell’VIII secolo, la tragedia racconta la conquista del regno del re longobardo Desiderio da parte di Carlo Magno re dei Franchi, a seguito del deteriorarsi dell’alleanza franco-longobarda nel contesto dei complessi equilibri tra i due regni e il Papa. Manzoni, oltre a presentare in maniera dettagliata e fedele la vicenda storica, ci mostra gli eventi dal punto di vista di due personaggi secondari e vittime della vicenda stessa: Adelchi, figlio di Desiderio, destinato a morire combattendo una guerra che ha tentato invano di evitare, e la sorella Ermengarda (nome inventato da Manzoni), ripudiata da Carlo Magno per motivi politici, che si lascerà morire.
Il metro utilizzato, ovvero endecasillabi, con i cori in dodecasillabi e settenari, non contribuisce ad una facile messa in scena e fruizione dell’Adelchi, come ben sa ogni studente che alle scuole superiori ne abbia sperimentato la lettura. Riportiamo ironicamente un appunto che un nostro indisciplinato lettore ha ritenuto di apporre, con matita blu, nell’ultima pagina dell’edizione del 1822, che da un esame dei registri di inventario risulta acquistata nel 1892: “25-4-’33, GIORNO DI TEDIO E DI ADELCHIANA BARBA” (figura 5).
D’altro canto estremamente moderna, e responsabile forse della riscoperta fortuna dell’opera nel XX secolo, è la ben nota concezione manzoniana della Storia come narrazione fedele (o, nel caso del teatro e del romanzo storico, “verosimile”), non solo delle gesta dei potenti, ma anche della quotidianità e dell’interiorità dei personaggi in secondo piano, anche umili e altrimenti anonimi, che la Storia la costruiscono come collettività ma che, nella loro individualità, ne vengono schiacciati. Pur non essendo un umile rappresentante del popolo, ma il principe, pur inascoltato, dei Longobardi, soccombere alle ragioni crudeli della Storia è proprio quanto accadrà ad Adelchi, eroe contraddittorio e tormentato che muore provando sollievo di allontanarsi da un mondo in cui “non resta che far torto, o patirlo”.
BIBLIOGRAFIA
(tutte le opere sono possedute dalla Biblioteca Marucelliana)
Adelchi, tragedia di Alessandro Manzoni con un discorso sur alcuni punti della storia longobardica in Italia, Milano, per Vincenzo Ferrario, 1822, BMF, 7.N.IV.1
Opere varie di Alessandro Manzoni, Milano, Giuseppe Redaelli, 1845, BMF, 9.R.I.6, volume appartenuto a Enrico Nencioni
Alessandro Manzoni, Adelchi, a cura di Edmondo Villa, Messina, Firenze, G. D’Anna, 1962, BMF, COLL.o.807.13
«Adelchi al circo», Epoca, Anno XI n. 493, 13 marzo 1960, p.52-55, BMF, Riv.e.2000
Carmelo Bene, Giuseppe di Leva, L’Adelchi, o della volgarità del politico, Milano, Longanesi, 1984, BMF, FO.C.5422
Alessandro Manzoni, Adelchi, edizione critica a cura di Isabella Becherucci, Firenze, presso l’Accademia della Crusca, 1998, BMF, MAR.B.0.8025
Edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni, volume 4. e 5., Milano, Centro Nazionale di Studi Manzoniani, 2015 e 2005, BMF, CONT.B.0.392.4-5
ELENCO DELLE FIGURE
1. Manoscritto raffigurante Adelchi riportato in Edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni, volume 5, p. V
2 Frontespizio della prima edizione, Milano 1822
3 Illustrazione per l’Atto Terzo, Opere varie, 1945, p. 68
4 Vittorio Gassman interpreta Adelchi, «Adelchi al circo», Epoca, 13 marzo 1960, p.52
5 Prima edizione, Milano 1822, esemplare della Biblioteca Marucelliana p. 288