Luigi Pirandello, Enrico IV – CENTENARIO – Parte prima

di Vincenza Bordenca

2021-2022: ricorre il  centenario di una delle opere più rappresentative dell’arte drammaturgica di Luigi Pirandello : l’ Enrico IV , scritto tra il mese di settembre e novembre 1921, rappresentato per la prima volta al Teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922, e successivamente dato alle stampe della casa editrice Bemporad & Figlio di Firenze, di cui diverse edizioni tra le prime sono possedute dalla nostra biblioteca (in figura il frontespizio della seconda edizione Bemporad 1923, BMF.7.T.III.86).

Della tragedia in tre atti è  già stato detto tanto, e non è questo il luogo per aggiungere altre pagine alle tante già scritte.

Il nostro  vuole essere, piuttosto, un invito a scoprire, o riscoprire, un gioiello del panorama letterario italiano del secolo scorso quanto mai attuale e moderno. In certe sue accezioni, oseremmo dire, contemporaneo.

L’ Enrico IV trova una sua precisa centralità nell’opera del grande drammaturgo agrigentino, costituendone in qualche modo un compendio per la presenza dei principali temi pirandelliani: il motivo della maschera, del gioco delle parti tra finzione e realtà, e realtà della finzione, della vita vissuta e di quella osservata da un angolo nascosto del nostro Io più profondo.

I tre atti della tragedia sono quel luogo letterario da dove prende l’avvio il dialogo con l’altra parte del sé, in una autoriflessione che, pur nascendo dal teatro, va oltre la realtà teatrale, approdando a una dimensione filosofica.

Il protagonista dell’opera è un uomo o, più esattamente, è un uomo con il proprio personaggio. Non un alter ego, ma un altro uomo, un altro mondo, un’altra storia.

Un lui, il cui vero nome non è mai dato sapere, veste i panni  di Enrico IV imperatore di Germania.

Ma se nei primi dodici anni recita quel ruolo con inconsapevole innocenza, negli ultimi otto il suo diventerà, invece, il deliberato e lucido gioco di una follia simulata.

Come in un thriller ( anche di questo in fondo si potrebbe trattare) il lettore e/o spettatore indaga non nei fatti, bensì nei meandri di una mente a lungo malata, poi improvvisamente e misteriosamente rinsavita, e che però decide di proseguire a mostrarsi malata per sempre.

Infatti sin dalle prime battute dell’opera veniamo  messi di fronte a una duplice realtà: a quella della vita attuale

In una villa solitaria della campagna umbra ai nostri giorni

a quella quindi della realtà  coeva all’autore,  e a quella passata, legata a un momento storico tra i più intricati del Medioevo europeo.

Pirandello si muove,  pur nella grande precisione degli eventi storici, con quella fantasiosa leggerezza che si snoda lungo  le trame complicate  della storia medievale cui fa riferimento.
Sin dalla descrizione iniziale del 1° atto, si comprende la particolarità della storia rappresentata.
Abbiamo una sovrapposizione di due mondi che, come due rette parallele, non si incontreranno mai, se non nella figura tragica del protagonista.

 Salone nella villa rigidamente parato [… ] da figurare […] la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar.

Sappiamo dunque di non trovarci nella sala reale, ma in quella che vuole sembrare tale. E subito avviene  lo strappo di questa prima maschera della tragedia da cui si intravede la seconda realtà

Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni […]

Dall’ ingresso in scena dei primi personaggi, i quattro consiglieri dell’imperatore, prende avvio la vicenda della storia antica che sta alla base della tragedia moderna.
Anche se, in realtà,  le prime battute, frammenti di dialoghi che sono piuttosto un elenco  di nomi di castelli o luoghi geografici in cui hanno avuto luogo le note vicende storiche , farebbero pensare piuttosto a un’opera buffa, che non a una tragedia: le battute ilari e briose , il tono leggero e divertito, impertinente e accondiscendente di chi finge di essere qualcun altro per compiacere la follia del proprio superiore e datore di lavoro, ci riportano all’atmosfera leggera di quelle commedie in cui il servitore, sempre più arguto e sveglio del padrone, si burla  di questi, in un gioco alternato di reverenza e scherno.
Dei quattro consiglieri, uno è stato appena assunto e viene inserito nel mondo di Enrico IV dagli altri tre, ormai navigati. Si aggiunge un altro elemento comico, quello dell’equivoco, del fraintendimento: l’uomo aveva pensato infatti di dover lavorare alla corte di Enrico IV di Francia sul cui momento storico si era ampiamente documentato  e il suo smarrimento iniziale ben rappresenta quello dello spettatore che fatica a orientarsi e a comprendere quanto si presenta ai suoi occhi.

BERTOLDO […] Ma, scusate… questa sala…questo vestiario…Che Enrico IV?… Io non mi raccapezzo bene:- E’ o non è quello di Francia? […]  

e qualche battuta dopo

 […] Ho detto bene: non era vestiario , questo, del mille e cinquecento! […]

[…] Tutta la mia preparazione storica…

LANDOLFO E ti puoi confortare che non lo sappiamo neanche noi […]chi siamo. […] nomi del tempo!…

 Lo spaesamento iniziale sembra dilatarsi e ci anticipa quello tragico del protagonista dell’opera pirandelliana;  dalla leggerezza delle prime pagine si scivola lentamente verso un diverso spessore umano.

La tragedia incombe e inizia a delinearsi, si indovina nelle battute degli altri personaggi che di lì a poco entreranno in scena.

Continua…

Vai ad inizio pagina