CARLO GRAZIANI-WALTER (Bruxelles, 1.8.1851-Firenze, 30.8.1927)

Ritratto di Carlo Graziani-Walter dalla copertina di: Il canto. La chiave del piazzamento della voce. Guida all’insegnamento al mio metodo di canto (Torino, Francesco Blanchi, 1914).

Di Paola Gibbin

Pubblichiamo qui di seguito un adattamento dell’intervento tenuto da Paola Gibbin in occasione del concerto dedicato a Carlo Graziani-Walter del 18 maggio scorso  

Con grande piacere vogliamo presentare un compositore prolifico e versatile, oggi poco noto, caduto in oblio oserei dire, anche qui a Firenze dove visse la maggior parte della vita e dove morì il 30 agosto 1927.

L’occasione di parlarne è stata offerta dalla registrazione di alcune sue composizioni per l’etichetta Velut Luna, un progetto della prof.ssa Maura Mazzonetto, già insegnante di pianoforte del Conservatorio Pollini di Padova e del ricercatore Pier Corrado Danieli.

Il CD monografico offre una selezione significativa dei vari generi in cui il compositore si è cimentato (composizioni per orchestra, in particolare a plettro, per canto e pianoforte o chitarra, per mandolino, composizioni di musica sacra, composizioni ad uso di istituti educativi, ecc.): quasi tutti brani inediti, dal punto di vista discografico, presentati qui in prima assoluta.

Oggi abbiamo l’occasione di ascoltare dal vivo alcuni dei pezzi registrati, nell’esecuzione della stessa Maura Mazzonetto e dei mandolinisti Giulio Sensolo ed Emanuele Cappellotto.

Da parte mia una introduzione biografica, tentando di capire il perché del silenzio caduto sul compositore e la sua opera.

Carlo Graziani-Walter era nato a Bruxelles nel 1851 dal conte italiano Massimiliano Giuseppe Graziani e dalla baronessa tedesca Guglielmina Walter di Rotenstein.

Niente sappiamo della sua formazione musicale, dove fosse avvenuta e con quali maestri, neppure esattamente cosa lo spinse a venire nella nostra città e in quale anno vi giunse.

Il primo riferimento a Firenze è la rappresentazione del suo dramma lirico in tre atti Silvano, il 19 aprile nel 1879 al Teatro Nuovo (o Pallacorda, in via Bufalini) di Firenze.

A partire dal 1882 si cominciano ad avere più testimonianze della sua presenza qui nella nostra città.

Nel settembre 1882, in occasione di una visita di Umberto di Savoia e della consorte, egli diresse un concerto del Circolo Mandolinisti Regina Margherita a Palazzo Pitti che fu apprezzatissimo. La regina si intrattenne con il Maestro, si compiacque dei suoi componimenti originali (Il levar del soleIl tramonto, una Barcarola, una sua riduzione sulla Norma e una fantasia sull’operetta Boccaccio), e si congratulò «dell’accuratissima esecuzione di quell’orchestra di nuovo genere […]»[1], che si componeva di circa cinquanta suonatori di strumenti a plettro.

Un’altra sua composizione per il teatro era stata rappresentata a maggio dello stesso anno: il melodramma semiserio per bambini Amelia (Teatro Salvini, 14 maggio 1882). «Lavoretto grazioso e dilettevole», fu recensito, in cui tutti i personaggi erano interpretati da fanciulle cantanti (quindi tutte voci bianche, di limitato registro e di suoni somiglianti, con la prima donna di soli 8 anni) e per l’occasione il Maestro diresse in sala una piccola orchestra di studenti[2].

Se non andiamo errati fu questa la prima occasione proposta da Graziani-Walter di uno spettacolo o concerto di beneficenza, secondo un costume non nuovo a Firenze dove si proponevano, per questo scopo, grandi esecuzioni sinfonico-corali nel Salone dei Cinquecento[3].

Nel caso di Amelia i proventi furono destinati all’Istituto dei ciechi, ma nel tempo troveremo altri destinatari: per gli asili infantili, per l’Istituto Umberto I per bambini «tardivi», per i prigionieri di guerra, etc. Lo stesso concerto che era stato eseguito alla presenza dei reali a Palazzo Pitti, fu replicato qualche giorno dopo al Teatro Pagliano a favore dei danneggiati delle inondazioni, in una serata che raccolse un significativo incasso[4].

Nel 1888 fu annunziata la costituzione di una nuova istituzione sociale immaginata dal Maestro: Arte e carità[5], intesa ad attirare dilettanti e rivolgere il profitto dei concerti a scopo filantropico. Fu un suo modo di introdursi nella città toscana che fece scrivere a Gabardo Gabardi, in coda alla recensione positiva di un concerto di beneficenza con un programma di sole musiche pubblicate da Graziani-Walter, proprietario della casa editrice Al mondo musicale: «Chi non è mai in ritardo è la filantropia del maestro Graziani-Walter»[6]. Il compositore per l’occasione aveva rinunciato ai diritti di esecuzione sui pezzi di sua proprietà.

La sensazione è quindi che una personalità vulcanica ed eclettica come Graziani-Walter avesse scelto Firenze scorgendovi un terreno fertile, oltre che per fare il compositore, per essere promotore, animatore e imprenditore soprattutto nella veste di direttore o proprietario di varie case editrici. Nel tempo furono: Rovito & Locarti; Agenzia musicale internazionale; Al mondo musicale; Pro arte lirica-Unione pro beneficenza; Arte divina[7].

La scelta della città toscana poteva essere stata determinata dal fatto che a Firenze, soprattutto dalla metà dell’Ottocento, la vita musicale era particolarmente orientata a promuovere la musica strumentale e cameristica, sia italiana che europea, nel senso che a Firenze non dominava solo l’opera lirica come in altre città italiane. Non che l’opera in musica non fosse proposta, ma i cartelloni non avevano niente di paragonabile a quelli dei grandi teatri (la Fenice, il San Carlo, la Scala).

Grande artefice dell’indirizzo musicale fiorentino fu il compositore e critico musicale Abramo Basevi (1818-1885) che svolse un’importante attività di pubblicista. Egli si fece strada in un quadro musicale – quello fiorentino – che potrebbe essere definito all’avanguardia nel contesto italiano dell’epoca. A partire dal 1855 fondò la rivista “L’ armonia” che divenne l’organo di stampa portavoce della riforma strumentale italiana. L’esperienza de “L’armonia” durò quattro anni, ma fu determinante per creare le condizioni culturali della fondazione, nel 1861 a Firenze, della prima Società del Quartetto italiana.

L’esperienza di Basevi si unì a quella dell’editore Giovanni Gualberto Guidi (1817-1883), e insieme promossero la pubblicazione,fra il 1862 e il 1882, del periodico musicale “Boccherini”. La Società promosse per un decennio concerti, di norma dedicati al repertorio cameristico, le “Mattinate”, a prezzi popolari. Buona parte delle composizioni venivano poi pubblicate in partitura da Guidi in formato tascabile (il primo editore italiano a farlo): gli autori erano Beethoven, Mendelssohn, Haydn, Mozart, Boccherini, Schumann, Schubert, Spohr, Weber. Scopo della Società non fu solo la diffusione del repertorio Oltremontano ma anche la creazione di un repertorio quartettistico italiano moderno. I medesimi musicisti della Società e di altre società fiorentine furono coinvolti, negli anni ‘60, anche nell’organizzazione di concerti sinfonici popolari gratuiti, con un repertorio che ruotava al solito intorno a Beethoven, Mendelssohn, Meyerbeer, Rossini.

Carlo Graziani-Walter era appassionato di mandolino, suonatore oltre che compositore per questo strumento. Il periodo in cui giunse a Firenze coincise con la grande diffusione del mandolinismo.

L’associazionismo musicale aveva assunto proporzioni notevolissime. Fu la stessa regina Margherita a incentivare le società mandolinistiche (che si chiamarono Circoli), non esitando a farsi raffigurare con un mandolino e accettando le numerose intestazioni alla sua persona dei circoli nascenti.

Lei stessa suonava lo strumento con abilità e ne possedeva uno estremamente prezioso «del valore di 1500 dollari»[8].

Tra il 1881 e il 1895 sono attestati circoli in tutta Italia. Firenze, che ne ebbe diversi[9], fu la sede della più importante orchestra a plettro italiana di quegli anni.

Nel 1881 era stato fondato a Firenze il Circolo Mandolinisti Regina Margherita. Secondo il viaggiatore americano Samuel Adelstein, nelle sue Memorie di un mandolinista, dal momento della fondazione (1881) al 1900, esso eseguì a Firenze, senza interruzione, circa centocinquanta concerti. A quella data (1900) l’orchestra era composta da circa settanta membri, uomini e donne[10].Sempre da Adelstein veniamo a sapere che Carlo Graziani-Walter nel 1897 era «leader», cioè direttore d’orchestra del Circolo[11].

Il Circolo Mandolinisti Regina Margherita ebbe varie soddisfazioni. La sera del 18 aprile 1888 si era esibito alla Villa Palmieri dove era ospite e soggiornava la Regina Vittoria. Le cronache riportano il successo ottenuto dagli esecutori: «L’orchestra dei mandolinisti diretta dal maestro [Riccardo] Matini eseguì con molta abilità varii pezzi di musica, ed esaurito il programma Sua Maestà espresse la sua piena soddisfazione per la bella esecuzione»[12].

Sempre nel 1881, su invito dell’editore Bratti, si era trasferito a Firenze il celebre virtuoso, mandolinista e compositore napoletano, Carlo Munier (1859-1911) che poi nel 1890 fondò il Quartetto a plettro fiorentino[13].

Quando a Genova fu bandito il primo Concorso Mandolinistico Nazionale, in occasione dell’esposizione Colombiana del 1892, parteciparono numerose società venute da ogni dove. Fra queste il Circolo fiorentino si distinse notevolmente perché fu l’unico a riportare ben quattro premi: uno per il concorso orchestrale, uno per il quartetto di strumenti a plettro composto da Luigi Bianchi (mandolino lombardo a corde), Guido Bizzarri (mandolino romano), Riccardo Matini (mandola) e Munier (mandoloncello), altri due premi furono conquistati, separatamente, da Bianchi e Munier come solisti.

L’ «indimenticabile Carlo Munier», come lo ricorderà nel 1926 Arnaldo Bonaventura (1862-1952), fu inoltre un grande didatta e il suo Metodo completo per lo studio del mandolino fu a lungo considerato «veramente una cosa perfetta»[14]. Sperava che il mandolino diventasse strumento insegnato negli istituti musicali[15].

Diremo subito che questo suo sogno si realizzò solo molti decenni dopo la sua prematura scomparsa (10 febbraio 1911). Fu merito del M° Claudio Scimone (1934-2018), direttore del Conservatorio di Padova e fondatore dell’ensemble I solisti veneti, se nel 1975 fu istituita la prima cattedra per questo strumento in un conservatorio italiano (insegnante: Giuseppe Anedda). Per vari anni Padova ebbe così il privilegio di avere l’unica cattedra di mandolino del Paese, attirando numerosi allievi anche da luoghi lontani.

A partire dal 1892 iniziò la pubblicazione di vari periodici musicali: “Il mandolino, rivista settimanale di strumenti a plettro”; “Il plettro”, “Musica moderna”, “Il concerto”, “Vita mandolinistica”, riviste pronte a soddisfare la grande diffusione dello strumento in quegli anni.

Al dilagare del dilettantismo mandolinistico, rivolsero la loro attenzione le tante case editrici musicali del momento.

Intercettando queste esigenze, come abbiamo già accennato, Carlo Graziani-Walter ebbe un’importante attività editoriale che ruotava più o meno direttamente intorno alla sua produzione compositiva, oltre a cercare occasioni per sviluppare i suoi progetti di didattica musicale.

Dal 1899 al 1915 ebbe una casa editrice diretta esclusivamente da lui, Al mondo musicale, con sede a Firenze in via de’ Conti 10, ma che ebbe anche una succursale in via Sant’Egidio 8 per attività collaterali: vendita e riparazione di strumenti musicali, vendita di carta da musica e servizio di rigatura, attività calcografica, di copisteria, affitto di una sala per lo studio del pianoforte, istituzione delle Lezioni popolari di musica, forniture per educandati, conservatori e istituti.

Nel periodo 1917-1923 la sua casa editrice fu L’arte divina, supportata dal 1917 al 1919 dall’omonimo periodico musicale[16]«istruttivo, morale, educativo», nato ancora una volta «a scopo di beneficenza per le famiglie dei nostri prigionieri di guerra». Dalle colonne del giornale, compilato esclusivamente da Graziani-Walter con un chiaro intento propagandistico incentrato sulla sua poetica musicale, sui suoi ideali artistici, con spirito patriottico (aveva la cittadinanza italiana) e una certa retorica, egli propugnava «La guerra per la pace – La guerra per l’Arte divina».

«Mi darete di allucinato, di esaltato per la mia arte che è innata in me […]», esordiva cercando di richiamare l’attenzione sull’importanza di un’arte, la musica, di cui riteneva che non si fosse compresa a sufficienza la grande importanza[17].

Si doveva creare nella «patria, l’Italia, madre del canto, un tempio dell’Arte divina», come quello realizzato a Bayreuth da Wagner, in cui poter realizzare quella scuola e quella riforma musicale che avrebbe dovuto costituire un vanto e un investimento per il futuro della patria.

Ricordando di aver pubblicato un metodo di canto, adottato fin dal 1898 in alcune scuole con splendidi risultati, si era fatto avanti con il Ministero per una riforma che prevedesse d’introdurre in tutte le scuole normali l’insegnamento obbligatorio della musica. Nell’intento di educare alla musica, cioè all’Arte divina, la sua proposta si basava su una semplificazione dell’insegnamento, laddove «l’armonia e il contrappunto sono cose secondarie», bisognava puntare, come primo passo, alla melodia.

Particolarmente costante e significativo fu il suo impegno sul versante didattico anche con la scrittura di composizioni «facili», «facilissime» dedicate all’infanzia. Piccoli pianisti in erba si potevano cimentare a due o a quattro mani con brani che tuttavia risultano estremamente delicati ed espressivi: Ricordi d’infanzia, op. 143; Mignonetterie pour piano, op. 206; Le petit pianiste; Vie d’enfant, petits morceaux pour piano très faciles sur les 5 notes, per pianoforte a due e quattro mani; Album per la gioventù, op. 400; Baby si trastulla: capriccetto facile per pianoforte sui tasti neri; Passatempi della gioventù; Gioie infantili. Tre capriccetti per pianoforte facilissimi, per citarne alcuni.

L’attività didattica, che trovò espressione nella scuola di musica da lui diretta dapprima in via Sant’Egidio e in seguito presso il suo domicilio in via Ghibellina 91, comprendeva l’insegnamento del canto.

Questa attività fu menzionata anche nel breve necrologio pubblicato poco dopo la sua scomparsa su “Musica d’oggi”[18] dove si sottolineavano le molteplici attività del Maestro in diversi campi, compreso l’insegnamento del canto.

Aveva pubblicato un Metodo teorico pratico di canto corale o solfeggio intonato (Firenze, Al mondo musicale, 1907) e Il mio metodo di canto, ossia la voce ed il suo imposto con nuovo sistema d’emissione (1912).

Il suo insegnamento del canto fu ricordato anche nel necrologio del periodico “Lo staffile”, ma in questa attività – è scritto sulla rivista – egli ebbe «minor fortuna». Secondo Graziani-Walter il suo metodo di canto non era stato sufficientemente apprezzato dai concittadini fiorentini. Di questo si lagnò con il critico musicale Arnaldo Bonaventura[19] e anche in una lettera di protesta indirizzata dal compositore al Ministro della Pubblica Istruzione, Francesco Ruffini, e poi pubblicata su “L’arte divina”[20].

Un paio di anni dopo la sua pubblicazione, il Metodo di canto fu accompagnato da un pamphlet in cui Graziani-Walter giustificava quali fossero state le sue intenzioni, oltre a presentare gli apprezzamenti e i consensi che aveva ricevuto presso celebri artisti. Il più entusiasta sembrò essere stato il baritono pisano, di fama internazionale, Titta Ruffo (1877-1953). Il pamphlet si intitolava Il canto. La chiave del piazzamento della voce. Guida all’insegnamento al mio metodo di canto (Torino, Francesco Blanchi, 1914). Nella prefazione l’autore rivelava qualche particolare autobiografico. Era discendente da parte materna di un paio di illustri anatomisti prussiani e vedeva in questa ascendenza la sua «chiarovveggenza laringiaca», perché il metodo, con chiaro approccio positivistico, calcava molto su aspetti della fisiologia della laringe e della respirazione e si basava su un nuovo sistema di emissione della voce.

Particolarmente significativa fu la pubblicazione, nel 1913, della musica da lui composta per il film muto Gli ultimi giorni di Pompei[21].

Spartito per il film Gli ultimi giorni di Pompei, Firenze-Torino, Edizioni Al mondo musicale, 1913 (BMF, Musica.1.b.43)

Il film del regista Eleuterio Rodolfi (1876-1933), prodotto dalla Casa torinese Ambrosio[22], rientrava fra quei lungometraggi quali Marcantonio e Cleopatra, Quo vadis, Nerone, Spartaco (l’anno dopo sarebbe uscito il celebre colossal Cabiria di Giovanni Pastrone con le auliche didascalie di D’Annunzio) volti a ricostruire ambienti e personaggi dell’antichità romana, che in particolare nel biennio fra il 1912 e il ’14 deputarono la consacrazione del cinema italiano a livello internazionale.

Il film fu presentato al Teatro Verdi il 29 settembre 1913, ma nella replica del 23 ottobre (e in quelle successive) il film fu accompagnato in sala dalla musica appositamente composta da Graziani-Walter, eseguita da una piccola orchestra sotto la sua direzione. La serata ebbe una recensione lusinghiera da parte dello scrittore e giornalista teatrale Jarro, cioè Giulio Piccini (1849-1915), che in seguito si meritò una copia della partitura con la dedica autografa del compositore[23].

La dedica a Giulio Piccini nella copia oggi posseduta dalla Marucelliana
L’etichetta che attesta la donazione alla Marucelliana da parte di Giulio Piccini dell’esemplare dello spartito de Gli ultimi giorni di Pompei.

Sono gli anni in cui si dibatte se l’arte cinematografica, che «ogni giorno diventa più popolare» avrebbe fatto concorrenza al teatro drammatico o a quello lirico. Sono gli anni in cui il lemma film, al maschile, non è ancora attestato: si preferisce “la film” (la pellicola). Sono gli anni in cui al film muto si cerca di “dar voce” con sperimentalismi come quello pensato, da antesignano, da Graziani-Walter.

Scrisse Jarro nella recensione a Gli ultimi giorni di Pompei[24]:

«Il maestro Graziani-Walter ha ottenuto il suo scopo: quello di rendere sempre più animata l’attenzione del pubblico verso la riproduzione cinematografica e ha studiato un effetto che gli è riuscito stupendamente: quello di contemperare insieme l’azione del dramma cinematografico, una musica strumentale e descrittiva e la voce umana. Le note che la signora Tosca Ferroni cantò simultaneamente all’azione del personaggio della giovinetta cieca nella film, suscitarono nel pubblico una viva impressione. Sembrava veramente che il personaggio della film cantasse. È questa un’applicazione da studiarsi e che può avere effetto di aggiungere attrattiva alle riproduzioni cinematografiche. Il maestro Graziani Walter avrà il vanto di averne dato l’esempio. Quelle note sono poi adattissime alla situazione. E la signora Ferroni cantò con voce calda, con accento molto espressivo».

Pochi giorni dopo Jarro riprese in considerazione l’idea geniale che aveva avuto Graziani-Walter «di far cantare un personaggio». Nel lodarlo, oltre a considerare pregevole il suo Metodo di canto, ci informa sul fatto che il Maestro era un compositore «infaticabile» e ci restituisce così il giudizio di un suo contemporaneo.

«Per gli Ultimi giorni di Pompei ha scritto musica orchestrale e vocale, come abbiam già detto, il M° Graziani-Walter. Il Graziani-Walter è un compositore infaticabile: spesso ardito, troppo ardito nel prender quello degli altri: ma un compositore geniale, che ha saputo trovare, a volte, chiare melodie e un assimilatore fecondo. Egli non riposa mai: scrive, scrive, sa esser variato; metterebbe in musica anche l’Orario delle Strade Ferrate.

Fa buone allieve come maestro di canto. È inventore di un Metodo che è prodigioso: appoggiato, in un certo modo sul leggio, anche il legno si mette a cantare…. Una sua buonissima allieva è Tosca Ferroni. Essa ha uno strano accento, pieno di espressione, una voce in cui si trasfonde un’anima, almeno nelle poche note che il Graziani le fa cantare durante la cinematografia degli Ultimi giorni di Pompei. E il pubblico ne fu commosso e la applaudì più volte e avrebbe voluto repliche e la richiamò al proscenio.

Questa nuova idea che ha avuto il M° Graziani di far cantare un personaggio, in scene cinematografiche, e che ha saputo applicare con tanta misura e appropriatezza, crediamo potrà essere imitata con frutto. Già ha avuto, al Teatro Verdi, in una prima ed imperfetta prova, un assai bell’effetto.

E i pochi professori d’orchestra concessi al M° Graziani, che ha saputo ben contemperare la strumentazione, il canto, i gesti cinematografici, gli detter prova di amichevole zelo.

La musica del M° Graziani è in parte, una Antologia di pezzi scelti; alcuni molto ben scelti»[25].

Ma non pensiamo che Graziani-Walter fosse un rivoluzionario anticipatore dello sviluppo tecnologico che avrebbe portato dal film muto a quello sonoro. Nelle stesse pagine dell’inchiesta sul cinema promossa nei giorni della proiezione da “La Nazione” si esprimeva infatti sull’uso del fonografo:

«Il fonografo sarà sempre dannoso allo sviluppo cinematografico perché le voci umane non possono essere riproducibili. Occorrono veri artisti in carne e ossa e presto sono certissimo udremo le più grandi celebrità mentre l’evoluzione cinematografica ne esprimerà i concetti. Ne ho dato un saggio col mio lavoro “Gli ultimi giorni di Pompei” che è riuscito al di là di ogni previsione».

Il vulcanico compositore promuoveva quindi la musica da eseguirsi dal vivo, in sala, purché fosse una musica «superlativamente melodica e descrittiva» e, ricordando quel suo successo, nel 1917 lanciò l’ennesima idea di associarsi a lui in una nuova impresa: “La cinema-musicale”[26].

Fortissimo fu sempre il suo spirito patriottico. Durante la guerra, per un paio di anni (1915-1916), promosse le edizioni Pro arte lirica-Unione pro beneficenza il cui ricavato era devoluto per il 50% ai danneggiati della guerra. A conflitto finito, il suo patriottismo si rafforzò e le sue composizioni furono ispirate all’ideale patriottico e monarchico. La successiva adesione al regime fascista è attestata nel ’23 dalla pubblicazione di A noi! Marcia di ordinanza, dedicata a Mussolini.

In generale il mondo accademico fiorentino non ebbe simpatia per Graziani-Walter che operò solitario, distante da altri protagonisti della vita musicale della città.

Forse è significativo che le sue composizioni siano poco presenti, ad esempio, nelle collezioni del Regio Istituto Musicale (il Conservatorio). I pochi spartiti che vi si trovano sono infatti, per la maggior parte, frutto di una donazione più tarda.

Alla sua morte, avvenuta il 30 agosto del 1927, comparve un breve necrologio sul periodico fiorentino di arti e lettere “Lo staffile” (21 settembre): si sottolineava che nessun giornale aveva riferito la notizia, – ma non era vero, l’aveva annunciata anche “Musica d’oggi”[27]– che nessuno si era occupato di lui. «Ciò è stato ingiusto – scrive il periodico – poiché se egli negli ultimi anni della sua vita pubblicò scritti, diremo così, strani ed originali, godè molta stima nei suoi anni giovanili e nella sua piena maturità».

Che cosa avrà significato quel giudizio «strani e originali» applicato ai suoi scritti tardivi? Sicuramente qualcosa da indagare e approfondire, accanto alle motivazioni dell’indifferenza che la sua scomparsa sembra aver trovato nell’ambiente musicale della città.

Graziani-Walter è chiaramente un compositore influenzato dalle poetiche del tardo romanticismo. I brani da lui composti sono estremamente melodici, dalle atmosfere intime, struggenti.

Una musica in cui domina la melodia perché, come ebbe a scrivere con un felice giudizio l’illustre critico Biaggi, il maestro Carlo Graziani-Walter «è un compositore che ama la luce»[28].

 

[1]V. M., Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 1° ottobre 1882. Nostra la sottolineatura nella citazione.

[2]V. M., Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 28 maggio 1882.

[3]B. M. Antolini, La musica in Toscana nell’Ottocento, in TeoduloMabellini, maestro dell’Ottocento musicale fiorentino, a cura di C. Paradiso, Roma, SEdM, 2017, pp. 7-24: 20.

[4] V. M., Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 1° ottobre 1882.

[5] V. M., Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 2 dicembre 1888.

[6]G. Gabardi, Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 21 giugno 1900, p. 347.

[7] Sull’attività editoriale del compositore si veda F. Perruccio Sica, voce Graziani-Walter, Carlo, in Dizionario degli editori musicali italiani, 1750-1930, a cura di B. M. Antolini, Pisa, ETS, 2000.

[8]S. Adelstein, Memorie di un mandolinista, a cura di U. Orlandi, Cremona, Turris, 1999, p. 19.

[9]A. Parrini, Una pagina di storia mandolinistica fiorentina, in La Società orchestrale a plettro fiorentina Carlo Munier nel quinto anniversario della sua fondazione. Programma – Ricordo del concerto del 12 giugno 1926 nella Sala Brunelleschi del palazzo di parte Guelfa a Firenze, Firenze, Tip. Giannini & Giovannelli, 1926, p. 17.

[10]S. Adelstein, op. cit., p. 20.

[11]Ibidem, p. 20. Nel testo inglese è scritto «leader of the Circolo at that date» (ivi, p. 84).Graziani-Walter fornì a Adelstein il programma del concerto eseguito alla presenza dei reali il 31 maggio 1897 al Teatro Salvini: erano tutte sue composizioni.

[12] “La Nazione”, giovedì 19 aprile 1888.

[13]Carlo Munier, il poeta del mandolino, 1911-2011, a cura di U. Orlandi, Brescia, 2011, p. 187.

[14]B. Orsi, Carlo Munier, in La Società orchestrale a plettro fiorentina Carlo Munier nel quinto anniversario della sua fondazione. Programma – Ricordo del concerto del 12 giugno 1926 nella Sala Brunelleschi del palazzo di parte Guelfa a Firenze, Firenze, Tip. Giannini & Giovannelli, 1926, pp. 10-11.

[15] Ivi, p. 11.

[16]C. Graziani-Walter, Io e voi. Riforme musicali, in “L’arte divina”, a. I, n. 1, Firenze, 1°gennaio 1917, p. 1 (BNCF, collocazione: G).

[17]Ibidem.

[18]Necrologio, in “Musica d’oggi”, 1° ottobre 1927.

[19] Si veda la lettera inviata da C. Graziani-Walter ad Arnaldo Bonaventura, Milano, 13 ottobre 1912 (Firenze, Conservatorio di musica Cherubini, L. 7546).

[20]C. Graziani-Walter, Io e voi. Riforme musicali, op. cit. Nella lettera, del 30 agosto 1916, Graziani-Walter polemicamente sosteneva che non intendeva sottostare, per il suo Metodo di canto, al giudizio di alcuna competente Commissione.

[21]È disponibile online, nell’opac SBN, lo spartito per pianoforte, digitalizzato dall’esemplare della Biblioteca Marucelliana.

[22] Il film fu girato sia dalla casa Ambrosio sia, nello stesso anno, da Pasquali. Cfr. Gli ultimi giorni di Pompei della casa Ambrosio al Teatro Costanzi di Roma, in “La vita cinematografica”, 1913, n. 16, pp. 47-50. Anche: 1913, n. 19, pp. 76-82.

[23]È l’esemplare dello spartito posseduto dalla Biblioteca Marucelliana (BMF, Musica 1.b.43)

[24]Jarro, recensione su “La nazione”, 24 ottobre 1913. – Ringrazio il prof. Luca Mazzei della segnalazione.

[25]Jarro, Fra i cinematografi. La musica al cinematografo, in “La nazione”, martedì 28 ottobre 1913.

[26]C. Graziani-Walter, La cinema musicale, in “L’arte divina”, a. I, n. 1, Firenze, 1°gennaio 1917, pp. 2-3.

[27]Necrologio, in “Musica d’oggi”, 1° ottobre 1927.

[28] Il giudizio di Biaggi è ricordato da G. Gabardi, Corrispondenze [da Firenze], in “Gazzetta musicale di Milano”, 1900, 6 settembre 1900, p. 477.

Vai ad inizio pagina