di Erica Vecchio
Ricorre oggi, 6 febbraio 2024, il centenario dalla nascita di Paolo Volponi (Urbino 1924 – Ancona 1994) poeta, scrittore ma anche uomo d’industria, politico e senatore della Repubblica.
Vide il suo esordio come poeta con la raccolta Il ramarro nel 1948, ma è noto soprattutto per i suoi romanzi e, in particolare, per il suo modo di raccontare la civiltà industriale e l’alienazione portata dalla vita della fabbrica, realtà che conosceva bene in qualità di dirigente prima all’Olivetti e poi alla Fiat.
In un’intervista a Giancarlo Ferretti del 1972 dichiara: “Sono stato aiutato, o forse è meglio dire mosso, dalla pena del mio lavoro in una grande fabbrica, toccato dai problemi di un mondo in convulsione come è quello industriale, traboccante e incandescente, che cerca di correre dietro al progresso scientifico portandosi appresso un grosso bagaglio medioevale”.
Il libro di cui quest’anno ricorrono i cinquant’anni, Corporale, si colloca per molti versi in continuità con i due romanzi che lo hanno preceduto, Memoriale e La macchina mondiale, ma, allo stesso tempo, segna un punto di svolta nella narrazione volponiana.
Mentre Memoriale affronta il ritmo ossessivo ed estraniante della vita di fabbrica attraverso il racconto in prima persona dell’operaio Albino Saluggia, La macchina mondiale racconta, sempre dalla viva voce del suo protagonista, il fallimento dell’utopistico progetto del contadino marchigiano Anteo Crocioni, convinto di poter creare una tecnologia tale da dare la libertà e felicità a tutti gli esseri umani.
Corporale si incentra sulle vicende dell’intellettuale ed ex-dirigente industriale Gerolamo Aspri, un nuovo alter ego dell’autore e un altro personaggio animato da “lucida follia” come “stato di grazia che consente di calarsi nel mistero delle cose” (così il protagonista è presentato nel risvolto della sovraccoperta della prima edizione).
L’incubo che perseguita Aspri è il terrore della bomba nucleare, tutte le sue vicende ruotano intorno all’ossessione di costruirsi un rifugio antiatomico, battezzato “arcatana”, che dovrebbe permettergli la salvezza e la rinascita in un nuovo mondo. In Corporale gli orrori della società industriale e tecnologica portano il protagonista a identificarsi completamente con la propria corporeità, una corporeità che si fonde (e confonde) con la natura circostante, una realtà fisica e carnale che tutto pervade. Nell’immaginazione, anche la deflagrazione nucleare è la disgregazione del corpo nel paesaggio circostante:
Io ero appoggiato con la mia schiena aperta contro una montagna di ghiaccio, la mia carne sfriggeva e si allargava il buco della ferita sul quale in fondo era depositata rossa e marrone, violenta, una città solare: quella di un quadro di Marx Ernst.
La genesi di Corporale fu particolarmente travagliata, comportò numerose stesure e impegnò il suo autore per ben nove anni, dal 1966 al 1974. Il testo aveva già nell’estate del 1966 una forma compiuta e le vicende del protagonista erano raccontate in maniera molto più lineare e sotto forma di memorie, come era accaduto per i due romanzi precedenti. L’obiettivo di Volponi era però quello di realizzare “un romanzo più denso, più largamente costruito, e avere un maggiore spazio psicologico e sociale” ( Ferretti, Paolo Volponi, p. 2).
Nasce così un testo complesso che alterna l’uso della prima e della terza persona e che presenta una lingua “incandescente e plastica” così come la realtà che vuole raccontare: “La realtà è una specie di palla infuocata in movimento, mossa da tutte le intemperanze, le speranze, i bisogni, le paure, le angosce […] gli allarmi che gli uomini, individualmente, a gruppi, a regioni, a paesi, esprimono proprio come disordine, come energia, come calore. Il romanzo muove questa realtà ed è mosso da questa realtà” (citazioni presenti nell’ Introduzione di Emanuele Zinato, in Volponi, Paolo, Romanzi e prose, Torino, Einaudi, 2002, p. xv).
L’esergo scelto, tratto dalla riflessione Pro o contro la bomba atomica di Elsa Morante offre la chiave per l’interpretazione del volume:
La nostra bomba è il fiore, ossia la espressione naturale della nostra società contemporanea, così come i dialoghi di Platone lo sono della città greca; il Colosseo, dei Romani imperiali; le Madonne di Raffaello, dell’Umanesimo italiano; le gondole, della nobiltà veneziana; la tarantella, di certe popolazioni rustiche meridionali; e i campi di sterminio, della cultura piccolo-borghese burocratica già infetta da una rabbia di suicidio atomico.
Anche per Volponi l’ordigno nucleare è “il fiore” della società contemporanea, è una bomba “che esploderà per il semplice principio che è stata costruita”. L’apocalisse atomica presagita in Corporale non solo è presentata come una realtà ineluttabile ed estremamente concreta per Aspri/Volponi, ma si accompagna a un’apocalisse che si è già compiuta, quella della società che è stata in grado di concepire e di produrre tale “fiore”, che ha contrapposto allo scorrere fisiologico della natura, lo scandire automatico e implacabile di uno strumento di morte “prefabbricato” che risponde unicamente a se stesso. Dice Aspri “la logica della bomba è la reazione a catena […] quando esplode prende tutto e ogni cosa diventa bomba: anche la tua testa, anche la tua pancia, che ti è stata tolta, è diventata una bomba”.
Il libro non ottenne il successo sperato e subì critiche anche dal “maestro e amico” Pasolini che accusò Volponi di aver troppo concesso alle sperimentazioni neoavanguardiste. Per quanto riguarda la critica, questa si concentrò ben presto sul capolavoro di Elsa Morante La storia, uscito nello stesso periodo.
Ad aver colto l’importanza del romanzo fu però la stessa Morante che in una lettera del 3 marzo 1974 scrive:
Ho il sospetto che il tuo libro sia un EVENTO grande, e di quelli che ingrandiscono con l’aumentare della distanza […] Corporale è un libro che invade: e l’invasione non favorisce i ragionamenti, almeno finché è in atto. La sua lettura, durante – e anche dopo – mi si accompagnava sempre col ricordo di una famosa storia orientale, che forse anche tu conosci: c’era una volta il Caos, straziato – per sua natura – dall’angoscia più terribile. Allora impietositi vennero due angeli, i quali per aiutarlo gli fecero dei buchi. In conseguenza, il Caos aveva cessato di essere il Caos e guariva. Restano ad ogni modo, per me, su Corporale, ancora molte domande. P. es: l’autore è, lui stesso, il Caos oppure, lui, è i due angeli? E, in ogni caso, accetta, il Caos, la cura dei due angeli, o piuttosto la rifiuta, volendo tenersi stretto in se stesso e annidato dentro la sua propria solitudine straziata (donde forse l’Arcatana)?…ecc. ecc. Qualunque siano le risposte, rimane però sempre certo che il Caos è il contrario della Bomba, la quale ovviamente fa ordine e pulisce tutto di tutto (anche dei buchi). E di qua viene la straordinaria e meravigliosa proprietà di corpo cosmico del tuo Corporale, dove il disordine si trasforma in una totalità (che chiamerei celeste se non temessi che questo aggettivo può procurarti un sobbalzo scandalizzato dalla tua minacciosa e “buffa” sedia dirigenziale-industriale […]) (Introduzione di Emanuele Zinato, in Volponi, Paolo, Romanzi e prose, Torino, Einaudi, 2002, p. xxxi)
BIBLIOGRAFIA
Volponi, Paolo. Corporale, Torino, Einaudi, 1974, BMF FO.B.134
Volponi, Paolo. Romanzi e prose, Torino, Einaudi, 2002, BMF CONT.C.0.123
Ferretti Giancarlo. Paolo Volponi, Firenze, La Nuova Italia, 1972, BMF COLL.U.422.64
Baldise, Enrico. Invito alla lettura di Volponi, Milano, Mursia, 1982, BMF COLL.U.470.72
Ferrucci, Carlo. Volponi, o l’utopia impossibile in La letteratura dell’utopia: sociologia del romanzo contemporaneo, Milano, Mursia, 1984, BMF FO.C.5402